Di Piergiorgio Laguardia

Copertina de L’Espresso del 16 Maggio 2021

L’immagine di copertina proposta dall’Espresso è un prodotto di sottocultura del consumismo sfrenato.

Una mercificazione che arriva a rinnegare le radici naturali, etiche e cristiane della famiglia, cellula fondamentale della società che nell’ultimo periodo ha anche difficoltà a riproporsi e rilanciarsi: l’assenza/carenza di welfare, la disoccupazione galoppante e la compressione dei salari ne impediscono la rigenerazione.

Non vi può essere “diversità” nel violare le leggi della natura.

Non vi può essere “ricchezza” nel distruggere con hubris le identità naturali mentre i portafogli della classe media e lavoratrice si dissanguano.

A meno che la ricchezza propinata da quella copertina non intenda la ricchezza intesa come mero accumulo (kremastikata come diceva Aristotele) di denaro fine a stesso, per le tasche del potere oligarchico dominante. Che, contento, usa queste armi di distrazione di massa, ovvero porcherie vomitevoli il cui fine è quello di farci azzannare l’uno contro l’altro, per sviare il dibattito dai problemi che esso stesso in gran parte ha creato.

Non sarebbe di certo conveniente per l’establishment avere dei lettori e degli elettori che, se consapevoli di tali problemi, lo rovescerebbero assieme al paradigma economico da loro imposto.

Ma tale copertina è anche la plastica raffigurazione della dimensione fluida e precaria della modernità, che con un colpo di spugna opera la cosiddetta cancel culture, cancellando anche valori secolari, tradizioni consolidate ed ovviamente i diritti sociali e dei lavoratori.

Proprio per questo la modernità ha una dimensione precaria, in quanto precarizza il lavoro e flessibilizza i salari per renderci dei prodotti di mercato amorfi e spersonalizzati. Senza una storia, una cultura e delle peculiarità che, riprendendo in parte l’articolo 4 della Costituzione più bella del mondo, promuovano il pieno sviluppo della personalità.

Tutto perché, per tale società fluida, dobbiamo essere delle merci competitive sul mercato e continuamente deprezzabili od apprezzabili secondo perverse dinamiche produttive.

Viviamo nella società dei disvalori e della trasgressione a 360 gradi in disparate forme e, così continuando, non possiamo che “Brancolare nella notte esperia’, come sentenziava Friedrich Nietzsche proprio a proposito della modernità.