Da quando per la prima volta è stato ipotizzata una ferrovia veloce che collegasse Italia e Francia attraverso le Alpi, sono passati circa vent’anni. Questo primo fatto ci pone immediatamente davanti al fatto che stiamo parlando di un’opera vecchia che si è sviluppata per lo più nei primi anni ‘90 e che attualmente tiene ancora in considerazione molte valutazioni sviluppatesi in quegli anni.

Se domani si aprisse quel cantiere, potrebbe ipoteticamente chiudere tra vent’anni, consegnando al futuro un treno veloce per trasporto merci, in un’epoca nella quale certamente andrebbero di moda, per convenienza e praticità, altre forme più veloci ed ecologiche per il trasporto merci (ci sono delle start-up che stanno lavorando su un sistema di trasporto basato sui droni).

Dopo aver chiarito questi punti, è importantissimo sottolineare che dal giorno in cui è stato pensato questo progetto, nulla è stato realizzato, neanche un metro del tunnel che dovrebbe determinare il TAV; l’unica cosa che è stata fatta è stato un breve tunnel esplorativo, confuso dai media mainstream con quello principale, prima di essere smentiti dai loro stessi inviati sul territorio.

Dopo aver brevemente descritto la genesi di questa mastodontica opera, arrivando fino ai giorni nostri, voglio rapidamente fare delle valutazioni.

Innanzitutto porto alla vostra attenzione una bizzarria: mentre la Commissione Europea guidata dal sobrio Juncker schiaccia ogni tipo di tasto per influenzare la decisione per la risoluzione della vicenda in senso positivo, la Corte dei Conti Europea definisce il TAV: “Non una realtà, bensì un sistema disomogeneo e inefficace”. E ancora: “Il processo decisionale non poggia su analisi costi-benefici affidabili”. E ancora: “Le linee ad alta velocità sono investimenti costosi, pertanto è fondamentale analizzare correttamente in anticipo tutti i principali costi e benefici prima di decidere se procedere o meno alla costruzione” .

La Corte ha messo tutto per iscritto in un documento consultabile qui che, in poche parole, pone seri dubbi su tutto il sistema di alta velocità ferroviaria europea, definito inefficace e costoso oltre ogni ragionevolezza.

Naturalmente nessun giornale ha parlato di questo documento redatto nel mese di Giugno 2018 che ha anticipato di molti mesi l’analisi costi benefici commissionata dal Ministero dei Trasporti che stronca l’opera, confermando grazie ai numeri ciò che la Corte dei Conti Europea aveva considerato con la prosa.

Purtroppo, in maniera ottusa ed inspiegabile, questi due importantissimi documenti non sono ritenuti sufficienti per motivare il definitivo accantonamento di questo progetto che è sostenuto dalla stragrande maggioranza della politica italiana, oltre che dalla Commissione Europea e dalla solita pletora di giornali, giornalini, corrieri e gazzettini, cartacei e non.

Due ultime considerazioni lasciatemele fare.

La prima riguarda le manifestazioni di piazza dei mesi scorsi dei SITAV e dei NOTAV. Ai primi è stata data ampia visibilità anche se ogni volta che sono scesi in piazza, hanno portato la metà dei manifestanti dei secondi. I cortei e le manifestazioni dei SITAV, sono stati mediaticamente attribuiti alle cosiddette “Madamine”, quattro pulcinelle pasionarie, ma in realtà in piazza c’era il peggio della politica italiana, compresa la Lega, uniti a tutto il club dei seguaci del falso mito della crescita: fondamentalisti euroinomani, sostenitori dei trattati di libero scambio, teorici delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni, ladri di sovranità e distruttori dei diritti sociali. Insomma, pattume ideologico come quello sceso in piazza a Milano contro il razzismo, altro specchietto per le allodole.

La seconda considerazione vorrei dedicarla infine a quegli webeti che vorrebbero veder realizzato il TAV, chiudendo gli occhi davanti al sacrificio della Val di Susa, pur di dare contro al M5S, ma che sarebbero i primi a scendere in piazza per protestare contro le trivellazioni dello specchio acqueo davanti casa e che si farebbero arrestare pur di non far abbattere quel pino secolare nel bosco della propria città, e che ancora scriverebbero fiumi di parole infuocate contro il dissesto idrogeologico, o che farebbero gli scioperi della fame per manifestare la propria indignazione verso i roghi estivi.

Ipocrisia pura.